Antonio Garau

Antonio Garau

(Oristano, 1907 – Orsistano, 1988)

È

il più importante commediografo in lingua sarda del 1900. Comincia gli studi a Santu Lussurgiu, presso il collegio dei Salesiani, ma a 14 anni deve interromperli per dare il suo aiuto nella bottega paterna. Continua a studiare da autodidatta, cominciando ad avvicinarsi al teatro. Vorrebbe andare a studiare all’Accademia delle Belle Arti di Roma, ma suo malgrado deve continuare a restare ad Oristano per aiutare suo padre. Antonio è ironico e sveglio e molto abile a far ridere le persone. Continua a frequentare i teatri oristanesi, cominciando a fare l’attore delle commedie di Vincenzo Melis (Ziu Paddori, Su bandidori, L’onorevole a Campodaliga).

Era il tempo del Fascismo. E in quel periodo, nel 1934, Antonio Garau scrive la sua prima opera: Is campanas de Santu Sadurru. La prima di 12 commedie che scriverà nell’arco di cinquant’anni.

La seconda guerra mondiale stronca la vita sociale della Sardegna, così come quella culturale e teatrale: le bombe distruggono i maggiori teatri della Sardegna, e quelli che si salvano rimangono chiusi.

Ma Garau continua a scrivere: Peppantiogu s’arricu (1936), Pibiri sardu (1943), Sonnu trumbullau (1945).

È con Basciura (1950) che Garau giunge all’apice della sua opera:

“Antonio Garau […] è riuscito a cogliere dal vivo la gente umile della società contadina del Campidano di Oristano, descrivendo, con terragno umorismo e lingua saporosa, i suoi compaesani, che accettano, senza tanti lamenti, cioè senza coscienza di classe, la precarietà della loro condizione umana. […] Crediamo di poter indicare in “Basciura” […] il miglior frutto della lunga attività teatrale del Garau.” 17.

Le commedie di Garau vincono una gran quantità di premi, a cominciare dal Premio “Grazia Deledda” nel 1950 con Basciura, per continuare con il Premio Ozieri con Giuseppi e Maria (1972), cun Sa corona de zia Belledda (1975) e Su Mundu de Ziu Bachis (1979) contendendosi il primo posto, in questi ultimi anni, con Salvator Angelo Spano (v.), stella nascente del teatro sardo.

Quando pensava di scrivere una commedia, Garau era solito immaginare il luogo in cui la scena si sarebbe svolta e vi si recava alla ricerca di ogni minimo particolare. Andava alla ricerca delle tradizioni del luogo, ascoltava le persone parlare e annotava una per una le parole antiche, i modi di dire, i proverbi che poi finivano dentro le sue commedie.

Tutti i sardi devono riconoscere che il lavoro di Antonio Garau ha aiutato la lingua e il teatro sardo a mantenere la sua vivacità in tempi tumultuosi, durante i quali la lingua sarda stava perdendo l’importanza che aveva sempre avuto nella vita di ogni giorno e nella cultura.

Nel 1990 il comune di Oristano ha intitolato a Antonio Garau il Teatro civico e nel 1998 gli ha intitolato anche la strada in cui si trova la casa che gli dette i natali. 

BASCIURA

Primo atto

(A sipario chiuso, si ode il suono della tromba e la voce del banditore).

Tabedda
E chi si ghètta’ sa grida, po ordini de su sindigu Massiminu Busciotta, po arregodai a tottu’ is conzilleris, de una parti e de s’attra, ca custu merì, a sa cabad’ ‘e su soi, s’accòrrada su conzillu comunali me in sa domu de su vicariu, poita su monacipiu nd’esti acabau de arrui arise’ notti.

Chi non fezzanta de mancu de intervenni e de accuitai a assottì, ca su secretariu nc’hiad’a bolli torrai andai nottesta etottu, po no’ dd’incassillai s’unda. S’avvertinti tottu’ cuddus chi teninti bestiamini fora’ de bidda de nci dd’arziai a su cuccuru de Santu Srabadoi, poita su frumini esti sempri crescendi e is arias non portant’ ogu de scampiai!

Scena

Stanza a pian terreno in casa del parroco. In fondo a sinistra una finestra con inferriata che dà sulla strada. In fondo a destra la comune. Nella parete di sinistra una porta che dà alla cucina e all’appartamento del parroco. Nella parete di destra un’arcata che, attraverso un andito, conduce alla sagrestia, e più in avanti, in primo piano, una porticina per la quale si accede al campanile. Sulle pareti quadri di santi e un crocifisso. Al centro un tavolo e alcune sedie.

Si ode bussare ripetutamente

Tabedda
(dopo un po’, dalla finestra) Aspettidi, ca provu a zerriai de custa fentana! (gridando) O su vicariu!! – Mi pàridi spantu chi non ci siada nisciunus! Sìgada a picchiai, su secretariu! – O su vicariu!! Su tiaulu ‘e chi dd’hiada! ge esti bellu a intendi!!

Parroco
(da dentro)
Subitu! – Maria Candelera, no’ intendis ca funti picchiendi?

Tabedda
Aprèxiada, ca c’esti su secretariu!

Parroco
Aspettai un momentu! (affacciandosi alla porta di sinistra e chiamando) Maria Candelera!!… Innui hadessi sticchìda custa femina! (bussano più forte) – Subitu! subitu!!… Ah! Deus benedittu! (scompare dietro la comune per andare ad aprire, attraverso una piccola anticamera, la porta di ingresso).

Segretario
(da fuori)
Buona sera, reverendo!

Parroco
Oh! signor segretario!… Avanti, avanti! – E tui, Tabedda, no’ intras?

Tabedda
Nòssada, ca depu acabai de ghettai sa grida… […]

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