Introduzione

N

egli ultimi anni si è parlato e scritto molto di letteratura sarda, in Sardo. E, ad essere obbiettivi, dobbiamo constatare che una più approfondita conoscenza delle nostre radici, insieme ai numerosi concorsi e premi letterari presenti in Sardegna, oltre ad una rinnovata sensibilità nei confronti della nostra lingua hanno contribuito a rinnovare e a incentivare notevolmente la produzione letteraria degli ultimi 150 anni. In questa sezione, che per ovvi motivi non vuole e non può essere esaustiva rispetto all’enorme produzione letteraria in esame, vogliamo fornire soltanto alcuni esempi illuminanti sullo stato dell’arte tra fine ‘800 e ‘900.

È tuttavia necessario collocare sulla linea del tempo alcuni autori, perché sono essenziali per comprendere il quadro generale in cui questo spaccato si inserisce, partendo dal sassarese Antonio Cano (1400-1478), autore del poemetto in rima Sa vitta et sa morte et passione de Sanctu Gavino, Prothu et Januariu, che si ritiene possa essere la più antica opera con valenza esclusivamente letteraria della lingua sarda. A lui vogliamo accostare Fra Antonio Maria da Esterzili (1664-1727), che può essere considerato a ragione il primo drammaturgo della storia della Sardegna.

Nella sezione “I padri della linguistica sarda” (v.) abbiamo già menzionato Sigismondo Arquer, Girolamo Araolla, Giovanni Matteo Garipa, Salvador Vidal, Pietro Pisurzi, Matteo Madao e Padre Luca Cubeddu, dunque non li tratteremo nuovamente in questa sezione.

Risale alla metà dell’800 Sa scomuniga de Predi Antiogu arrettori de Masuddas, di autore sconosciuto: si tratta di un monumento che, oltre a rappresentare un capolavoro della poesia comica e satirica, racchiude in sé anche un vasto campionario delle variazioni fonetiche e fonosintattiche della sotto-variante campidanese centrale, parlata all’epoca. 

Efisio Pintor Sirigu (1765-1814) e Diego Mele (1797-1861) rappresentano invece le punte di diamante insuperate della poesia satirica, rispettivamente campidanese e logudorese. Nel medesimo filone si colloca anche il villacidrese Luigi Cadoni (1884-1917), meglio noto con lo pseudonimo di Bernardu de Linas, il quale è apprezzato anche per le sue favole di sapore esopico. Un altro dei poeti più prestigiosi di fine ottocento è senz’altro il tonarese Peppino Mereu (1872-1901), poeta “sociale”, nemico delle ingiustizie, che lascia pochi componimenti scritti sufficienti, però, a farci comprendere la grandezza del poeta.

Approdiamo al Novecento con quella che probabilmente è la più famosa opera teatrale in lingua sarda: “Tziu Paddori”, scritta dal guamaggiorese Efisio Vincenzo Melis (1889-1921), tuttora cavallo di battaglia di numerose compagnie teatrali. A lui accostiamo Luigi Matta (1851-1913), di Nuragus, autore de “Sa coja de Pitanu”, pubblicata nel 1910 e ancora ampiamente rappresentata. Per parte logudorese è importante ricordare altri due commediografi: il bonorvese Giovanni Antioco Mura (1882-1972) e Bastià Pirisi (1885-1979), di Villanova Monteleone.

Come abbiamo già accennato, nel ‘900 assistiamo a un rifiorire della letteratura sarda: il popolo, da spettatore diventa sempre più protagonista; se a scrivere, fino ad allora, erano stati prevalentemente autori che provenivano da ambienti ecclesiastici, ora assistiamo a una progressiva “laicizzazione” della letteratura in lingua sarda, che assume un carattere quasi ecumenico.

Pietro Mura (1901-1966) e suo figlio Antonio (1926-1975), rappresentano due dei maggiori poeti del ‘900. Antonio, in particolare, si distingue per delle pregevoli e accurate traduzioni in sardo delle poesie di Thomas S. Elliot, di Paul Éluard e di Paul Valery.

Tonino Ledda (1928-1987) è una figura centrale per la salvaguardia e il rilancio della lingua sarda. Apprezzato poeta, è da ricordare, però, soprattutto per la fortunata intuizione che nel 1956 lo portò a creare il Premio di letteratura “Città di Ozieri”, un premio che, oltre ad essere il primo di quel genere in Sardegna, rappresentò e rappresenta tuttora il più qualificato e il più importante tra i premi letterari in lingua sarda, giunto alla 62° edizione, grazie anche all’instancabile lavoro dell’attuale segretario Antonio Canalis. E al Premio “Città di Ozieri” era assidua la partecipazione del poeta campidanese Faustino Onnis (1925-2001), sangavinese di nascita ma selargino di adozione. Onnis è da ricordare, oltre che per la sua ars poetica, anche per l’intensa attività volta a recuperare le tradizioni e ad avvicinare le persone alla lingua sarda.

Scorrendo la linea del tempo incontriamo la poetessa cagliaritana Teresa Mundula Crespellani (1894-1980), da ricordare per l’importanza che la sua opera ricopre per la salvaguardia della variante linguistica cagliaritana.

Lasciando per un attimo la poesia e volgendo l’occhio verso la narrativa, incontriamo la figura di Antonio Cossu (1927-2002), di Santu Lussurgiu, autore di Mannigos de memoria, romanzo in lingua sarda, che si contende il primato di “primo romanzo in lingua sarda” con S’arvore de sos Tzinesos di Lorenzo Pusceddu (v.). Ma Antonio Cossu merita di essere ricordato anche per aver fondato, nel 1975, La grotta della vipera, una rivista che rappresenterà un vero e proprio laboratorio culturale con un occhio di riguardo verso la lingua sarda, che contribuirà a valorizzare e difendere. L’occasione ci è propizia per evidenziare che in questa pubblicazione – per questioni di organizzazione e spazio – la stampa periodica, le riviste digitali e i blog in lingua sarda o bilingui non verranno trattati: è allo studio una pubblicazione ad hoc. Al solo fine di evidenziare il fermento del periodo, citeremo a puro titolo esemplificativo e non esaustivo – oltre a La grotta della vipera – anche alcune altre riviste che si sono occupate di lingua sarda, come Sa Republica sarda, S’ischiglia, NUR, Paraulas, Su Bandu, Làcanas, Su populu sardu, Nae, Sardu sò e Tempus de Sardinnia.

Non possiamo non menzionare l’impresa monumentale compiuta dal dorgalese Padre Paolo Monni (1922-2009) che ha tradotto in logudorese le tre cantiche della Divina Commedia di Dante Alighieri: un’opera di grande valore, che dimostra – se ce ne fosse ancora bisogno – che il sardo è una lingua duttile, che si presta a qualunque utilizzo.

Concludiamo questa introduzione con alcuni autori viventi che meritano di essere ricordati: Franco Carlini (1936), di Vallermosa, poeta e abile narratore; la poetessa olloaese Maddalena Frau (1945) trapiantata a Sanluri che ha la particolarità di comporre con padronanza sia nella variante logudorese, che in quella campidanese; la cagliaritana Paola Alcioni (1955), apprezzata poetessa e narratrice, editor e traduttrice; Anna Cristina Serra (1960), di San Basilio, poetessa di grande qualità, vincitrice di numerosi premi letterari e molto attiva nel panorama culturale isolano. 

Anche la commedia in lingua sarda nel secondo ‘900 conosce una stagione di grazia: Salvatore Vargiu (Quartucciu, 1933), Adriana Puddu Anedda (Cagliari, 1944), Antonio Contu (Escalaplano, 1945), Giovanni Paolo Salaris (Terralba, 1950), Piero Marcialis (Cagliari, 1948), Giulio Cesare Mameli (Ilbono, 1950) e Luigi Tatti (Arbus, 1950) sono solo alcuni degli autori da ricordare e che a Dio piacendo, in una prossima edizione, avremo occasione di approfondire.