La carta de Logu

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a Carta de Logu è uno degli scritti più importanti del medioevo sardo. È un codice di leggi civili e penali del Regno di Arborea e rappresenta, dunque, una serie di norme giuridiche che, per la maggior parte, provengono dalla giurisprudenza romana e bizantina e persino dalla tradizione sarda locale. La parte più antica di questo codice fu scritta forse dal Giudice Mariano IV di Arborea sposato con la catalana Timbora di Rocabertì. Mariano IV ebbe da Timbora tre figli: Ugone, Eleonora e Beatrice. Successivamente, tra gli anni 1388 e 1392, la figlia Eleonora giudicessa di Arborea unificò le leggi del padre nella Carta de Logu. Sembra che Eleonora avesse raccolto in un’unica carta  un codice civile, un codice penale ed un codice agrario. La Carta de Logu voluta dalla giudicessa Eleonora è sopravvissuta allo stesso Regno di Arborea ed è rimasta in vigore fino al 1826 attraverso i secoli e le dominazioni catalano-aragonese, spagnola e piemontese. La Carta de Logu è molto importante in quanto raccoglie leggi che erano già moderne nel medioevo europeo e sardo, per esempio: leggi che riguardano la tutela e la difesa dei diritti della donna per il suo stesso ruolo nella società; oppure leggi per la difesa della natura e delle risorse del suo territorio, ma non solo, leggi per regolare le relazioni all’interno della società stessa. 

La Carta de Logu consta di un  Proemio e di 198 capitoli organizzati nella seguente maniera: i primi 132 riguardano un codice civile e penale, nello stesso tempo gli altri 66 capitoli che seguono riguardano un codice agrario già scritto e stampato dal giudice Mariano IV e incluso nell’ultima edizione fatta da Eleonora. La Carta, dunque, serviva a tutelare la giustizia, a regolare le relazioni tra i cittadini, i diritti della Chiesa e del popolo del regno. Le indicazioni che vi sono nella Carta prendono in considerazione la questione della chiusura delle terre, il lavoro nella vigna, nell’orto e in tutte le terre coltivate. Stabilisce indicazioni e pene contro chi abbatte le recinzioni delle terre; contro i padroni di bestiame che invadono le terre altrui; contro chi appicca incendi nelle campagne prima dell’8 di settembre e così via. 

E giungiamo quindi a vedere il tipo di sardo utilizzato nella Carta de Logu. Da un’analisi approfondita eseguita dai linguisti moderni scaturisce l’idea che il sardo utilizzato per la Carta de Logu sia un sardo cosiddetto arborense. Stiamo, dunque, parlando di una parlata di confine tra le due macrovarietà ovvero tra il sardo campidanese ed il sardo logudorese. Il sardo arborense è ancora parlato malgrado alcune differenze e mutamenti, più o meno a nord di Oristano nella penisola del Sinis (Cabras) e persino nei villaggi di montagna del Mandrolisai e della Barbagia meridionale ed è più o meno quella parlata che oggi è definita come di “anfizona” o “di confine” oppure “limba de mesania”, tra le due macrovarietà sarde stesse. Anche nella Carta de Logu, la lingua è caratterizzata da un linguaggio tecnico con frasi fisse che troviamo più di una volta e con poche varietà in tutte le parti. Ad ogni modo possiamo verificare l’utilizzo delle stesse parole e frasi nella stessa lingua parlata del tempo. 

Nella Carta de Logu troviamo la labializzazione della vocale A protonica per assimilazione <couallu>, vedi il sardo campidanese settentrionale e barbaricino <coaddu>, sardo campidanese meridionale <cuaddu>, contro il logudorese <ca(ß)addu>; caduta della vocale protonica U in co(n)iugare –ata>coyada, vedi il sardo logudorese <coju(ß)are, -ada> contro il sardo campidanese <cojai, cojada>; mantenimento della vocale breve etimologica finale in alcuni morfemi avverbiali per esempio nel proemio si riscontra la forma <inogui> come nella forma sardo logudorese meridionale <inoghi> e persino nella forma sardo campidanese di confine e ogliastrina <inogi> contro al sardo campidanese centrale e meridionale <innoi>; mutamento dei nessi -QU/GU- in –bb- dove il latino <equam> ha dato come risultato il sardo <ebba> e il latino <sanguen> a dato come esito le forme sarde <samben> e <sambini>; finale in –nt- più aggiunta della vocale paragogica per la terza persona plurale dei verbi così come nel sardo campidanese contro l’esito del sardo logudorese antico e moderno; inoltre forme lessicali locali di confine tra sardo logudorese e sardo campidanese, ad esempio: <como>, <posca> e <tandu>.

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